CARNEVALE DI MELFI, MANCA POCO AL “CORTEO DEI GIGANTI”! MA COME SONO NATI? ECCO LA STORIA

Oggi pomeriggio a Melfi andrà in scena il “Corteo dei Giganti“, l’ultimo grande appuntamento del Carnevale che sta avendo un successo straordinario.

Dopo la “Terribile Invasione” che ha annunciato i festeggiamenti nel solco della tradizione dei ‘caccavicchie’ (quando cioè gruppi di persone uscivano per le vie del paese sbattendo pentole, coperchi, barattoli di latta e intonando canzoni), sono seguite le due grandi sfilate allegoriche: quella di Domenica 11 e quella di oggi.

Melfi non è nuova ai carri allegorici. Fino al 1967, anno dell’ultima edizione, c’era una fucina di artisti, artigiani e gente del popolo che si spendeva per realizzare fastose scenografie di cartapesta da esibire per le vie del centro storico.

L’idea di far rivivere nelle coscienze dei nuovi melfitani il Carnevale è venuta al vicesindaco e assessore alla cultura Raffaele Nigro.

L’intento è stato non solo quello di sposare il concetto “Dal Carnevale perduto alla Festa ritrovata”, come recitava lo slogan dell’edizione 2017 avvenuta a 50 anni esatti, ma soprattutto di coinvolgere associazioni e gruppi di giovani rispetto ad un progetto molto più ampio in cui la sfilata allegorica rappresentasse l’ultima fase di un lungo processo costruttivo.

I maestri cartapestai di Putignano, Giuseppe e Nicola Genco, chiamati a dirigere la parte artistica del Carnevale, hanno sposato sin da subito la linea del contesto locale: i carri e le maschere, cioè, devono parlare di Melfi, della sua storia, delle sue tradizioni, della sua eredità.

Se nel 2017 l’attenzione si è focalizzata sui racconti popolari e i personaggi che hanno affascinato generazioni di bambini (come lo ‘scazzamauriddë’ o il ‘grassiere’), il leitmotiv di quest’anno è stato il Medioevo, e per una buona ragione.

Nel 2018 ricadono infatti le celebrazioni del millenario della fortificazione della città. Le mura lunghe 4 chilometri fanno di Melfi una delle 17 città al mondo con una cinta pressoché intatta. Impossibile non considerare per il Carnevale un appuntamento così importante con la storia. Mura che come ha dichiarato Giuseppe Genco non sono sinonimo di chiusura ma di abbraccio, di comunione fraterna, di integrazione.

Gli organizzatori hanno quindi deciso di realizzare dei ‘Giganti’ di chiara ispirazione medievale: il re, la regina, il giullare, il cavaliere e i cavalli.  Giganti di ferro e non carri allegorici, come hanno sottolineato i maestri Genco:

“Il carro presuppone la presenza di un supporto mobile sul quale installare la grande scultura in cartapesta. Nel caso dei Giganti sono essi stessi a generare un incontro diretto con la strada e la comunità. Sono Giganti di ferro dotati di un proprio movimento e di una propria anima”.

Un’anima in telaio di ferro in cui potersi immergere o guardare attraverso. La parte propriamente di cartapesta è confinata alla testa, alle spalle, alle mani. Il corpo invece è una grossa campana di ferro intessuta di tubi luminosi. Le strutture da un lato strizzano l’occhio alle casse armoniche delle feste con il loro tripudio di luci, musica e sapori del paese di provincia, dall’altro alla tradizione dei pupi di cartapesta.

La componente medievale è presente anche nei costumi dei figuranti, centinaia di comparse provenienti dalle scuole, dalle associazioni e dal tessuto civico più in generale, che hanno voluto impreziosire la manifestazione.

La scommessa da vincere è però un’altra: restituire a Melfi il suo Carnevale significa inaugurare in loco una scuola della cartapesta, una filiera in cui allevare nuove maestranze e scongiurare il pericolo di uno spopolamento che in Basilicata sembra ormai inarrestabile.

Tradizione e innovazione sono dunque i pilastri sui quali fondare una nuova coscienza civica.

Anche a Carnevale.