MELFI: MIGLIAIA DI GIOVANI RAPITI, VENDUTI, UCCISI, COSTRETTI A PROSTITUIRSI. IL CANDIDATO NOBEL PER LA PACE…

Una sala gremita per ascoltare la testimonianza di padre Alejandro Solalinde, il difensore degli immigrati, l’eroe anti narcos.

Ieri sera al Salone degli Stemmi del Palazzo Vescovile di Melfi, il candidato Nobel per la Pace 2017 ha raccontato cosa vuol dire vivere il dramma della povertà, tracciando un quadro non solo religioso ma anche storico-sociale dove noi occidentali abbiamo un’enorme responsabilità. Una vita raccontata anche nel suo libro scritto in collaborazione con Lucia Capuzzi, giornalista di Avvenire, che si intitola: “I narcos mi vogliono morto. Messico, un prete contro i trafficanti di uomini“, edito da emi e con prefazione di don Luigi Ciotti.

Sostenuto da don Vincenzo Vigilante che ha svolto la funzione di introdurre e tradurre il nostro ospite, padre Alejandro ha innanzitutto precisato di sentirsi sollevato di non aver ricevuto il Nobel per la Pace, perché sarebbe stata una contraddizione ricevere un premio da un’istituzione quale è l’Europa che in materia di immigrazione sta facendo l’esatto contrario.

Nella sua lunga esperienza di prete tra la gente, padre Alejandro ha raccontato:

“Sono testimone di quanto è successo e di quanto sta ancora succedendo lungo la linea di confine tra Messico e Stati Uniti. Ogni anno migliaia di messicani e di persone provenienti da altri Paesi del Centro America provano ad attraversare il confine per andare negli Stati Uniti.

L’80% di essi sono giovani che vogliono come tutti una vita migliore, lavorare, costruirsi una famiglia. Disperati a tal punto da mettere in serio pericolo la loro stessa vita.

Quanti di loro sono morti nel deserto dell’Arizona, quanti di loro sono scomparsi nel nulla”.

Il quadro che traccia padre Alejandro è desolante e nessuno si salva, tanto il governo messicano definito “corrotto e per nulla interessato a risolvere il problema”, quanto il governo americano.

Inevitabile la stoccata la presidente degli Stati Uniti Donald Trump:

“Quest’uomo è ossessionato dal denaro, dall’accumulare ricchezza ma non per condividerla: il suo scopo è di tenere più soldi possibili per sé. È un uomo logorato dall’odio verso gli immigrati, è razzista, è xenofobo, è omofobo perché non accetta la diversità sessuale. Con lui alla Casa Bianca le cose si sono ulteriormente complicate.

Prima i messicani andavano e venivano in America per lavorare, adesso questo non è più possibile. E i cosiddetti “suprematisti bianchi” odiano profondamente gli immigrati e non vogliono avere nulla a che fare con loro”.

In terra messicana padre Alejandro ha visto personalmente quanti giovani finiscono nel giro della droga, della prostituzione, del commercio di organi. Molti di loro non fanno più ritorno e non si conosce il loro destino.

Il suo grido di denuncia ha provocato l’effetto di una taglia da 1 milione di dollari posta dai narcos, i “signori della droga”, che lo vogliono morto.

Padre Alejandro gira con una scorta speciale formata da 4 uomini che hanno promesso di non lasciarlo mai. Quando lui ha chiesto loro di lasciar perdere, di farsi una famiglia e vivere felici, loro hanno risposto che preferirebbero morire con lui piuttosto che starsene a casa, saperlo morto e non aver fatto nulla per averlo salvato.

E lui la morte l’ha vista in faccia diverse volte: quante pistole puntate, quante pallottole fortunatamente mancate.

Molti altri volontari come lui non ce l’hanno fatta.

La Chiesa locale cerca di accogliere questa massa di disperati, di dare loro un conforto, un aiuto.

Tutto questo mentre la società occidentale, ingabbiata nel capitalismo, è diventata sempre più sorda ai problemi della comunità:

“Noi siamo tutti fratelli e sorelle, dovremmo preoccuparci delle nostre condizioni, di coloro che soffrono. Siamo vittime di un sistema capitalistico che ha sostituito Dio con il denaro. Quanti di noi sono religiosi ma non fedeli, quanti cioè pensano di sostituire alla verità rivelata da Dio (che è l’essenza della fede) con la propria? Se non torniamo nella fede noi non siamo più una grande famiglia”.

Ed ecco che si innescano paure insensate come per gli immigrati, di persone che come noi hanno gli stessi bisogni, gli stessi desideri.

Noi tutti abbiamo un dovere morale enorme, ma rischiamo di perdere completamente la dignità di esseri umani se non facciamo qualcosa adesso.