Stellantis: “aleggia lo spettro della disoccupazione a partire dallo stabilimento di Melfi”. I dettagli

La transizione ecologica in Stellantis è ben voluta ma si rischia di andare incontro ad una crisi occupazionale.

Lo afferma il capogruppo di FdI Basilicata, Tommaso Coviello che sottolinea:

“Mentre il Pd, a livello regionale, nazionale ed europeo rivendica la presunta bontà dello stop alle auto a benzina e diesel a partire dal 2035 varato a Bruxelles, aleggia lo spettro della disoccupazione a partire dallo stabilimento Stellantis di Melfi.

Utilizzo a ragion veduta l’espressione ‘presunta bontà’ in quanto è sempre necessario un bilanciamento e una riflessione in termini di opportunità.

Ben venga la transizione ecologica e ben venga la riduzione delle emissioni secondo quanto sancito dal Patto per il clima di Glasgow con la soglia delle emissioni zero a livello globale entro il 2040, e non oltre il 2035 nei principali mercati.

L’altro lato della medaglia, però, è meno green e molto nero per il comparto dell’automotive ed è rappresentato da una probabile crisi occupazionale che pure è stata trascurata dai sindacati.

La sinistra da tempo ha abbandonato le cause delle fabbriche e degli operai con il tema del lavoro che passa quasi in secondo piano.

Occorre quindi domandarsi:

quale sarà il futuro dello stabilimento Stellantis in terra lucana e degli altri operativi indotti a livello nazionale?

Quale sarà il destino di migliaia di famiglie?.

Per quanto riguarda l’elettrico l’Italia è indietro a livello di infrastrutture per la ricarica.

Le colonnine sono un miraggio e, stando ai dati di marzo 2022, sono circa 27.800 in tutta Italia, ne servono almeno 110 mila in pochi anni.

Con il punto interrogativo delle aree interne e delle zone remote e svantaggiate.

Il Pd e i sostenitori del green totale non si preoccupano, però, di un piano nazionale che identifichi, ad esempio, una percentuale minima di posti da elettrificare nelle aree di parcheggio.

Problema più volte sollevato da Carlalberto Guglielminotti, numero uno di Nhoa, capofila nella mobilità elettrica.

Sulla forza lavoro e quindi sui dati occupazionali è stato calcolato da Marco Stella, presidente del gruppo componenti Anfia che in Italia verranno messi a rischio circa 73.000 posti di lavoro, di cui 63 mila nel periodo 2025-2030.

Questi non saranno compensati dalle circa 6.000 nuove posizioni che creerà la mobilità elettrica perché bisogna dirlo: l’auto elettrica è più leggera e con meno componenti.

Dove sono i sindacati?

È necessario riflettere su questi numeri.

È necessario che il Pd apra gli occhi su questi dati poco rosei.

Uno spiraglio è rappresentato dall’idrogeno dove le emissioni di CO2 sono assenti, è solo il vapore acqueo a fuori uscire dal tubo di scarico.

Ad oggi, gli svantaggi, oltre al prezzo molto elevato riguardano le pochissime stazioni di rifornimento dedicate in Italia.

La Basilicata come ben sappiamo si è candidata con le risorse del Pnrr per essere una Hydrogen Valley e su questo le Istituzioni regionali sono già a lavoro per creare anche una cornice ed evitare la solita cattedrale nel deserto, al fine di fornire gli strumenti ai mezzi e soprattutto creare un blocco occupazionale ‘alternativo’ perché prima o poi bisognerà affrontare il tema dei posti di lavoro.

Dopo l’ok del Parlamento europeo servirà per l’approvazione finale il via libera del Consiglio e della Commissione Ue previsto il prossimo autunno.

Seguiremo attentamente l’evolversi della situazione con l’auspicio che prevalga il buon senso all’ideologia e si possano equilibrare gli interessi, la salubrità dell’aria e l’occupazione, portando avanti un piano di dismissione totale del motore a scoppio, a vantaggio di elettrico e idrogeno e infrastrutture adeguate a supporto, ragionevolmente non immaginabile tra soli 13 anni”.