“Nell’area dell Vulture-Melfese si perpetua l’improvvisazione dell’accoglienza”. La denuncia

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa dell’associazione “Libera Basilicata”:

“Avendo superato da pochi giorni l’anno 2022, al termine del quale, come di solito accade, ci si è soffermati nel condurre una sorta di rendiconto delle attività svolte nell’anno che andava a finire, prima di approcciare agli intendimenti per il nuovo anno, non possiamo fare a meno di constatare che, ancora una volta, nonostante le numerose sollecitazioni, rimane inascoltata la promozione di un cambio di passo nella gestione dei lavoratori migranti.

Si resta saldamente ancorati, purtroppo, a una dimensione emergenziale del fenomeno, tanto che nella scorsa estate si è giunti all’apertura nell’area dell’Alto Bradano dell’unico centro di accoglienza intorno alla metà del mese di agosto, praticamente a campagna di raccolta agricola abbondantemente inoltrata.

Si perpetua l’improvvisazione dell’accoglienza all’interno di un centro che, nonostante le criticità strutturali e l’inadeguatezza a svolgere la funzione che gli viene attribuita, resiste da anni nella velleitaria strategia regionale, per ora solo approssimata, ma mai effettivamente programmata, unicamente nell’intento di porre rimedio in maniera sbrigativa al ‘necessario’ sopraggiungere di lavoratori extra UE, ancorché alcuni perdurino nel percepirlo come ‘indesiderato’.

Si tratta di persone capaci di grandi sacrifici, che raggiungono le nostre terre per portare a compimento quell’attività produttiva che imprenditori agricoli locali programmano annualmente per trarne profitto, sollevandosi dall’onere sociale di interessarsi e di curare la condizione di persistente e di sistematica indegnità umana che connota l’esistenza dei propri lavoratori e senza che l’Ente pubblico regionale, che pure si era vincolato al rispetto di una misura legislativa nel 2016, riesca a concepire, dopo alcune decine di anni, l’urgenza di mettere riparo strutturalmente al degradante panorama umano che ogni anno si replica nei campi e nei casolari abbandonati.

Da troppo tempo essi sono divenuti indecente dimora di coloro che offrono molto di più del loro lavoro, per far progredire l’economia territoriale delle aree interessate e per soddisfare i nostri bisogni alimentari.

L’Associazione e gli Uffici diocesani scriventi ne parlano in tempi non sospetti e temporalmente lontani da quelli in cui, sono costretti a ipotizzare, si replicherà anche per quest’anno il temuto ‘natale’ estivo degli invisibili o, per usare un’espressione cara ad Hanna Arendt, degli esseri umani superflui.

Non si intende decretare l’attribuzione di una siffatta qualifica a esseri che appartengono alla nostra medesima famiglia e si deplora ogni comportamento politico e amministrativo orientato a procrastinare, nei fatti, lo svilimento di questa umanità ferita, pur quando esiste una legge regionale che da anni avrebbe, in potenza, la possibilità di portare nell’alveo della programmazione tutto ciò che oggi viene gestito in maniera emergenziale, se non raffazzonata, nell’assenza di procedure che assicurino la trasparenza, il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione.

Ogni anno, infatti, si rincorrono fondi per assicurare un minimo di copertura a quei servizi considerati indispensabili per l’accoglienza in parola, evidenziando, al contempo, la trascuratezza nel far assurgere a ‘sistema regolato’ il fenomeno, preferendo adottare atteggiamenti sbrigativi e esenti da opportuna regolazione nell’affrontare la spesa, che pure assume di anno in anno importi molto significativi, che ci spingiamo a stimare, solo per il centro di Palazzo San Gervasio, raggiungano annualmente somme intorno ai 250-300 mila euro.

In soli dieci anni, ipotizziamo si siano spesi tra i 2 e i 3 milioni di euro per lasciare le cose così come sono e nonostante l’esistenza della legge regionale n. 13/2016 imporrebbe alla Regione Basilicata di avviare percorsi programmatici e condivisi per la fuoriuscita del fenomeno dalla condizione di approssimazione a cui annualmente assistiamo.

In questo desolante panorama i firmatari non possono che dar merito a tutte quelle forme associative che assicurano, senza clamore e con gratuità, sostegno a questi lavoratori, che nell’Alto Bradano solo per un terzo circa ricevono assistenza pseudo-organizzata dagli organi pubblici, ma che almeno per i due terzi si trascinano in una conduzione di vita che va oltre l’immaginabile, occupando nella calura estiva casolari diroccati, privi di energia elettricae di acqua, collocati in prossimità degli agri che sono chiamati a ‘portare a reddito’.

È innegabile, stiamo vivendo da alcuni anni andamenti socio-economici problematici e sfavorevoli, che espongono una parte sempre maggiore della popolazione alla marginalità e al degrado, ma si ritiene che questo non esima le associazioni scriventi e l’istituzione pubblica dal preservare sempre e in ogni caso la tutela della dignità e dell’integrità di ogni persona, quale che sia la sua appartenenza etnica, religiosa, linguistica, specie quando essa assume legalmente e regolarmente la figura contrattualizzata di lavoratore.

Indugiare nel lassismo amministrativo e perseverare nell’irragionevole provvisorietà espone l’intera comunità regionale a ritenere che non vi siano opportunità per ridare dignità al lavoro e alla condizione personale di questi membri della famiglia umana, che forse qualcuno preferisce solo limitarsi a considerare derelitti, nonostante siano stati approntati strumenti legislativi per porre rimedio a questa sofferenza.

Si coglie l’occasione per rammentare che anche le soluzioni strutturali sinora ipotizzate, che sarebbero da realizzare in quel di Boreano e di Gaudiano, sono ben lungi dall’essere avviate e, in termini ottimistici, al loro completamento si potrebbe giungere nel giro di almeno un quinquennio, senza che risultino affatto sufficienti, in ogni caso, a mettere in sicurezza gli ospiti stagionali, che solo per un terzo potrebbero trovarvi accoglienza.

Lo stesso numero all’incirca di quelli che oggi vengono ospitati nell’ex tabacchificio di Palazzo San Gervasio, che ci auguriamo venga dismesso il prima possibile per la sua evidente inadeguatezza.

I temi posti all’ordine della presente istanza sono stati già tutti trattati nel corso di un apposito Tavolo di confronto insediatosi presso la Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa il 22 novembre 2022, costituito dall’Associazione e dagli Uffici diocesani firmatari, oltre che dalle Istituzioni pubbliche e territoriali invitate e presenti, i cui lavori hanno fatto registrare un’ampia convergenza sull’urgenza di dare avvio all’attuazione delle Legge regionale di cui all’oggetto.

Non s’intende avventurarsi, in questa fase, in confronti e discussioni sulla questione migratoria intesa in senso generale, che pure aprirebbe a necessarie considerazioni di ordine umano e ideale, senza che rappresenti, al momento, il terreno sul quale gli scriventi vogliano muovere il proprio intervento.

Per ora basta che venga offerta la massima disponibilità e la massima collaborazione per fare in modo che, tra sei mesi, non si ripetano le solite improvvisazioni e che, soprattutto, si avverta la sensibilità istituzionale nel dar seguito alla Legge Regionale n. 13/2016, per cominciare a muovere celermente i primi passi, al fine di affermare la supremazia della saldezza della normapiuttosto che la estemporaneità dell’emergenza”.