Carolina Rispoli, famosa scrittrice nata a Melfi, ricordata oggi a 27 anni dalla sua scomparsa

Il 28 Novembre del 1991 si spegneva a Roma la grande scrittrice Carolina Rispoli, nata a Melfi il 9 Maggio 1893 dai genitori Eugenio e Amalia Mancini.

Pubblicò il suo primo racconto, “Lotta elettorale”, a 18 anni, sulla rivista “Vita Femminile italiana”, utilizzando lo pseudonimo di Aurora Fiore.

La redattrice, Sofia Bisi Albini, rimase piacevolmente colpita da Carolina, tanto da accostarla alla grande Grazia Deledda.

A 23 anni pubblicò il suo primo romanzo, “Ragazze da marito”.

Nel 1922, il matrimonio con Raffaele Ciasca, storico e politico di Rionero, primo presidente della Deputazione di Storia patria per la Lucania dal 1966 al 1973 e Accademico dei Lincei.

Dalla loro unione nasceranno Antonia Ciasca, archeologa stimata in tutto il mondo, ed Eugenio Antonio.

Grande interesse suscitò nel 1923 il suo romanzo “Il nostro destino”, recensito sulla “Rivista d’Italia”, edita dalla società editrice Dante Alighieri.

Seguirono altre opere, tra cui “Il tronco e l’edera” del 1927.

Giustino Fortunato, dopo averlo letto, scrisse:

“Dunque, m’è costato leggere l’elegante volume, ognora ammirando, sì ammirando la scrittrice, sotto tanti aspetti originale e vivida di chiarezza e di naturalezza”.

Nel 1933 pubblicò “La terra degli asfelidi”, in cui esalta la vita di provincia.

L’ultimo romanzo di Carolina risale al 1938, “La torre che non crolla”, dedicato al nonno e al padre.

Un’opera complessa, che ha per sfondo, oltre alla riviera, l’ambiente napoletano; che disegnava la figura di una donna di modeste aspirazioni, semplice, casalinga, non valutata dal marito come merita.

L’intensa vita letteraria di Carolina Rispoli proseguì con la saggistica per probabile influenza del marito, al quale dedicò, nel 1977 (due anni dopo la sua morte), uno scritto di tale filone, “La giovinezza di Raffaele Ciasca tra Giustino Fortunato e Gaetano Salvemini”.

A Carolina Rispoli è intitolata la biblioteca comunale di Melfi, città che ospita la sua tomba di famiglia, nella quale, per sua stessa volontà, ha scelto di essere seppellita.