Rionero: Antonio chiede di onorare la memoria dei quasi 200 rioneresi caduti eroicamente durante la prima Guerra mondiale. Ecco la lettera

“Un buon cittadino è colui che propone senza nulla chiedere, per amore del proprio Paese”.

È Antonio Cecere, Dottore magistrale in Storia e Civiltà Europee, che scrive queste parole sui social in merito alla sua richiesta protocollata stamattina al Comune di Rionero (PZ).

Ecco quanto fa sapere:

“Oggi, ho ufficialmente richiesto e protocollato a mano presso gli uffici comunali una mia proposta, che spero vogliate condividere, per onorare la memoria di tutti gli italiani e dei quasi 200 rioneresi, figli, fratelli e padri caduti eroicamente durante la Prima Guerra Mondiale.

In occasione del centenario dall’istituzione 1921-2021, sulla scia delle sollecitazioni dell’Esercito Italiano, ho proposto la concessione della cittadinanza onoraria al ‘Milite Ignoto’ per ribadire ancora una volta i valori di libertà e democrazia che da sempre ci contraddistinguono.

Siamo città per la pace ed in tempo di pace dobbiamo ricordare.

Vi allego il testo completo del documento:

Gent.mo Sindaco,

sono trascorsi esattamente cento anni da quando, nel 1921, il Parlamento italiano decise di rendere onore ai caduti della Prima Guerra Mondiale attraverso l’istituzione del ‘Milite Ignoto’.

A distanza di un secolo da quell’evento che unì davvero la nostra amata Nazione in un afflato accorato è necessario ribadire ancora una volta i valori che permeano la nostra democrazia e che da sempre hanno caratterizzato la nostra comunità.

Quella vittoria appartiene a noi più che ad altri comuni italiani.

Il generale Giuseppe Pennella, rionerese, nella battaglia del Solstizio ne diede definitivamente l’imprimatur, animato da quel valore supremo dell’Amor patrio che pervase al contempo il cuore di quei quasi duecento rioneresi che diedero eroicamente la propria vita per difendere il suolo italico.

Allora toccò a Gabriele D’Annunzio coniare il termine di ‘Ignoto Militi’ e a chiedere che all’interno di quella bara, oggi posta al Vittoriano e vegliata giorno e notte, non vi fossero generali, comandanti o alti graduati, ma un semplice fante.

A dimostrare l’immenso sacrificio di un popolo.

Senza distinzione alcuna.

La salma di un soldato senza nome che non fece più ritorno dalla propria mamma, al proprio tenero nido.

Fu proprio una di queste madri italiane, Maria Bergamas di Gradisca d’Isonzo, a scegliere tra le undici salme ignote raccolte, dalla commissione istituita all’uopo, sulle sponde del Fiume Sacro, quella simbolica di suo figlio da inumare all’Altare della Patria.

Da quel momento iniziò uno dei viaggi più belli della nostra Storia, il treno su cui fu adagiato il feretro toccò centoventi città prima di arrivare a Roma.

Un intero popolo si riversò sui binari attraversati dal convoglio per dare il suo omaggio ad uno dei suoi figli migliori.

A tutti i figli d’Italia.

In quella bara giaceva il figlio di ogni madre, il padre di ogni orfano, il fratello di ogni sorella.

Di tutto ciò, cosa rimane?

Dobbiamo andare oltre il Petrarca che avrebbe risposto, alla domanda ‘Cosa rimane di noi?’ rivoltagli da Luciano Ligabue se fossero stati contemporanei, soltanto ‘Un picciol marmo’.

Dobbiamo andare oltre l’Alfieri che ha sempre onorato quella che per San Francesco era ‘Sora nostra morte corporale’.

Dobbiamo andare oltre.

È perché, per dirla con Giustino Fortunato, che pure non a caso cento anni addietro in occasione della morte del più amato tra i suoi fratelli, Ernesto, affermò ‘Non omnis moriar’, che con la presente il sottoscritto Antonio Cecere, orgogliosamente italiano e rionerese, chiede di voler concedere, in unità con le iniziative intraprese da altri comuni italiani sulla scia dell’invito posto dall’Esercito Italiano, la cittadinanza onoraria al Milite Ignoto, per celebrare la libertà.

La libertà non è un concetto astratto o qualcosa da tenere sul comodino.

È un dono da custodire e preservare, da difendere gelosamente e ferocemente.

Oggi, in tempo di pace, corre per noi l’obbligo di commemorare e fare memoria di siffatte gesta paterne perchè, a dirla con Foscolo nell’Ortis, ‘un uomo non muore mai se c’è qualcuno che lo ricorda’ “.