TRA MELFI E VENOSA QUESTI TESORI RACCONTANO LA NOSTRA STORIA UNICA AL MONDO

Indagare la memoria storica ricercando tra antiche carte, volumi, immagini, faldoni. L’archivio rappresenta infatti un luogo della memoria storica di una comunità.

C’è naturalmente una diretta corrispondenza tra azione storica e prodotto archivistico. Una vicenda genera una registrazione, sia essa civile o religiosa, di guerra o di carattere notarile. Tutto quello che viene registrato va a costituire un patrimonio della storia unico.

A Melfi esiste un importante archivio diocesano che dopo anni di oblio è stato recuperato e valorizzato. Tra i pionieri di questa missione non si possono non citare, come ha ricordato don Ciro Guerra, cancelliere della diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa intervenuto ieri al convengo “Archivi, innovazione e fruizione” presso il Palazzo Vescovile di Melfi, don Dante Casorelli e il professore Enzo Navazio, missione che oggi prosegue grazie all’impegno delle dottoresse Angela Pennella e Sonia Gammone che si fanno interpreti di un lungo lavoro di studio, catalogazione e digitalizzazione che proseguirà nel tempo.

In un archivio diocesano, poi, c’è il senso profondo di una comunità cristiana. Quello di Melfi, come ha raccontato la dottoressa Angela Pennella, ha un patrimonio che va dal quindicesimo al ventesimo secolo. Registri matrimoniali, battesimali finanche bolle papali del 1517 e 1532 dove si impediva agli albanesi di risiedere nella città federiciana. E ancora le testimonianze del terremoto del 1847.

Ma un archivio è anche la testimonianza di un territorio, inteso in senso geografico, paesaggistico. Il dottor Antonio Santandrea ha infatti illustrato come le piante storiche siano lo specchio di cambiamenti radicali che la storia, e quindi l’uomo, ha saputo applicare. Conoscere queste modificazioni consente anche di immaginare un percorso di valorizzazione culturale e turistica.

Il processo di recupero e valorizzazione dell’archivio diocesano di Melfi ha investito anche la Biblioteca vescovile di Venosa, che fa parte dell’interessante Museo Vescovile inaugurato mesi fa dopo un lungo lavoro di restauro. La dottoressa Sonia Gammone ha raccontato la storia travagliata dei libri prima della loro definitiva sistemazione. Volumi ammassati, soggetti dell’umidità e ad altri fattori che stavano compromettendo la loro integrità.

Il lavoro di recupero ha riguardato circa 1640 volumi e sicuramente essi sono solo una piccola parte di quello che era originariamente custodito perché tra terremoti e dispersioni la collezione è stata vittima di ridimensionamento. Significative sono, ad esempio, le preziose Bibbie in più lingue o le Bibbie ebraiche.

Recupero, riordino, fruizione e digitalizzazione sono dunque le fasi di questo tesoro immenso, fasi di intervento spesso non facile.

Lo ha ricordato Patrizia Minardi, dirigente dell’Ufficio sistemi culturali e turistici della Regione Basilicata, che ha condiviso la sua esperienza di recupero di documenti storici lucani che versavano in condizioni pietose (è il caso dei documenti rinvenuti nei mattatoi comunali).

E allora quale sistema migliore se non quello della rete degli archivi regionali per favorire una base comune sulla quale ampliare il discorso della valorizzazione dei beni archivistici, non solo archivi pubblici ma anche “privati”, tra cui quelli diocesani e quelli della riforma agraria.

Melfi, tra l’altro, sta virando in una direzione culturale di primaria importanza. Lo ha sottolineato il sindaco Livio Valvano: la città si prepara a celebrare il millenario della cinta muraria e il Mibact ha inserito questo momento tra gli eventi storici nazionali di grande rilevanza, riconoscimento che varrà anche per il 2019 e il 2020.

Nicola Montesano, docente presso l’Università di Basilicata, ha ripreso la definizione di territorio per ribadire il concetto di identità comunitaria. Un territorio ricco di sfaccettature con una propria storia. E la storia si tramanda attraverso varie forme, attraverso contenitori culturali che devono essere sempre fruibili e accessibili. Solo così, ha affermato Montesano, possiamo fare un lavoro di inclusione sociale (e culturale).

E allora il senso del lavoro dell’archivio diocesano di Melfi si arricchisce di una sfumatura in più, di polo centrale per la storia non solo locale ma di tutto il meridione.

Il convegno, organizzato dalla diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa in collaborazione con Aleph Impresa Sociale e Regione Basilicata, moderato dall’architetto Mario De Luca, ha registrato un importante numero di persone che hanno seguito con interesse i lavori.

 Segno questo di un riscatto della conoscenza delle proprie radici le quali parlano anche attraverso le carte.