“MELFI CAPITALE DELLA FALCONERIA CON UN GRANDE MUSEO VIRTUALE NEL CASTELLO”! IERI SERA…

Melfi capitale della falconeria.

Sono queste le intenzioni del sindaco della città federiciana, Livio Valvano, intervenuto ieri pomeriggio al convegno organizzato al Castello Normanno-Svevo sul tema “De arte venandi cum avibus, ovvero arte del gioco e del buon governo?”.

Un convegno voluto dall’amministrazione comunale e dall’assessore alla cultura e vicesindaco Raffaele Nigro.

Nel corso del dibattito sono intervenute Anna Laura Trombetti, docente dell’Università di Bologna, e la professoressa del Liceo Scientifico di Melfi Maria Rosaria Monaco, che ha moderato l’incontro.

Melfi capitale della falconeria, dunque.

Una scommessa che si sta portando avanti da diverso tempo attraverso i lavori di un comitato storico-scientifico, una scommessa lanciata dal consigliere regionale Aurelio Pace.

Tutto questo ci consente di ipotizzare la possibilità di un museo virtuale dedicato proprio alla falconeria – il primo in Italia – a completamento di quel percorso di storia medievale che vedrà la luce nella nuova ala del Castello che, secondo Valvano, aprirà i battenti entro l’anno.

L’idea del museo virtuale nascerebbe sulla falsariga di quanto già accaduto a Jesi, città natale di Federico II, dove di recente ne è stato inaugurato uno dedicato al grande imperatore svevo e dove anche Melfi ha trovato una sua degna esposizione.

D’altra parte Melfi ospita da ben 23 anni il Convegno internazionale della Falconeria, segno dunque di un legame profondo con la materia.

Di questo e di altro si è parlato ieri.

Inscenando anche “un’intervista impossibile”, dove per qualche minuto la professoressa Trombetti ha interpretato Federico II rispondendo alle domande poste dalla professoressa Monaco, si è scavato a fondo nella personalità e nella storia di questo uomo, dei suoi rapporti con il territorio, la cultura, la politica, e soprattutto il contributo fondamentale dato attraverso la realizzazione del più grande trattato di falconeria, il De arte venandi cum avibus.

Opera immensa ma incompiuta, probabilmente dettata – più che scritta – da Federico II, in ogni caso quasi tutti gli studiosi ne riconoscono la paternità.

L’imperatore era talmente appassionato alla falconeria che dichiarava che tutti i momenti liberi dagli impegni dello Stato dovevano essere dedicati a questa disciplina.

Ma come mai questa passione? Per semplice divertimento?

C’era molto di più: la caccia con il falco gli consentiva di osservare e conoscere direttamente la natura.

Federico si dimostra qui un grande monarca assetato di sapienza e solo attraverso il contatto diretto con la realtà, osservata e dissezionata in tutte le sue parti, si possono conoscere i suoi segreti.

Non basta Aristotele, non basta la conoscenza – peraltro censurata – della Chiesa: bisogna osservare, toccare con mano.

La caccia con il falco diventava anche una sfida con se stessi e l’animale, perché addomesticarlo risultava una delle imprese più difficili.

Federico si circondava di sapienti provenienti di culture diverse, non solo cristiani ma anche arabi ed ebrei, si può dire che fu l’antesignano di quel dialogo tra mondi diversi che oggi fa fatica a costruirsi.

La città si è regalata ieri un grande momento di cultura, confermato da un pubblico numeroso che ha riempito tutta la sala.

Melfi capitale della falconeria, noi ci crediamo.

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