LAVELLO HA RICORDATO IL CONCITTADINO DON MARCO BISCEGLIA, IL PARROCO CHE HA FONDATO L’ARCIGAY

La storia di don Marco Bisceglia – il battagliero sacerdote che diceva mezzo secolo fa ciò che oggi dice papa Francesco e che fondò l’Arcigay – è tornata ieri a Lavello. Alle 17 nella sala comunale si è parlato del libro “Troppo amore ti ucciderà” (Edigrafema) scritto dal giornalista Rocco Pezzano, che ne ha ricostruito la complessa esistenza. L’iniziativa è stata organizzata dall’Anpi Basilicata insieme all’Arci Basilicata, al Comune di Lavello, all’Arcigay Basilicata e alla Commissione regionale pari opportunità.

Oltre all’autore hanno partecipato il sindaco di Lavello Sabino Altobello, l’assessore alla Cultura Giovanna De Luca, Danilo Di Chio presidente dell’Anpi di Lavello, Antonella Giosa dell’Arcigay, Ottorino Arbia dell’Arci e la presidente della Commissione pari opportunità Angela Blasi.

Tanti i temi in ballo, dalle unioni civili ai diritti degli omosessuali, dai rigurgiti di un nuovo fascismo culturale fino alla Chiesa che si trova a metà strada fra rinnovamento e conservazione.

Il libro “Troppo amore ti ucciderà” è stato presentato a Palermo, Ferrara, Bologna, Padova, Lecce, diverse volte a Roma e in altre località italiane. È in corso di realizzazione un film tratto dall’opera ed è stato adottato dall’Università di Bologna come libro di testo per esami.

Di formazione gesuita, don Bisceglia non si accontentò di guidare la principale parrocchia della sua Lavello ma vi fondò la comunità di base del Sacro Cuore, all’epoca oggetto di reportage da tutto il mondo e modello studiato in Europa. Sempre in prima fila in difesa di chi non aveva voce, don Marco Bisceglia – calunniato, attaccato, condannato dai tribunali penali e da quelli ecclesiastici, sempre disposto a sacrificare una parte di sé per gli altri – fu infine scacciato dalla sua chiesa.

A Roma s’inventò una nuova vita, insieme a un giovanissimo Nichi Vendola, e ideò l’Arcigay, la cui gestazione seguì con determinazione fino alla sua fondazione. Le sue tracce si persero poi nel nulla e solo con il libro di Pezzano è stata ricostruita la sua “terza vita”, conclusasi tragicamente nella Capitale.