A Melfi un Premio per la professoressa di origini lucane Dell’Osso, tra le scienziate italiane di maggior impatto nel mondo! Complimenti

Il “Premio Donna”, giunto alla sua XI Edizione, nato come riconoscimento ad una donna d’origini lucane che si è contraddistinta nella scena internazionale, è stato consegnato a Melfi alla prof. Liliana Dell’Osso, di origini di Bernalda, presidente eletto Società Italiana di Psichiatria.

L’evento – come hanno spiegato la presidente del CIF Comunale Melfi Rena Galgano e Ada Lospinoso Severini, presidente FIDAPA BPW Italy – mira a celebrare la libertà e l’intelligenza al femminile nella sua forma più pura.

Tra gli interventi quello del sindaco Giuseppe Maglione.

A completare la serata a cura di Carmen Castiello il corpo di Ballo – Belletto di Benevento che si è esibito nell’opera: “Voci di Donne”.

Regia e testi di Linda Ocone, con la partecipazione dell’orchestra del Liceo Musicale “Guacci” diretto da Debora Capitanio.

Dell’Osso è membro della Top Italian Scientists che riunisce gli scienziati italiani ad alto impact factor, della Top Italian Women Scientists e del club 100 esperte.it.

L’unica lucana presente nella banca dati online con i profili di cento esperte nelle aree scientifiche, secondo il progetto 100 donne contro gli stereotipi aree scientifiche.

È autrice/coautrice di oltre 900 pubblicazioni su riviste scientifiche, prevalentemente internazionali e numerosi saggi.

Per Dell’Osso tornare in Basilicata, che sente come casa sua e raccontare l’esperienza che l’ha vista studiare in regione per poi scegliere l’Università di Pisa per un’intesa attività professionale e culturale rappresenta prima di tutto un forte esempio per tutte le ragazze lucane che devono continuare a coltivare il proprio sogno e l’incoraggiamento che possono farcela.

Il racconto della Dell’Osso che in occasione della Giornata internazionale della donna ha sempre un significato speciale:

“E’ difficile tirare le fila di una vita, di un percorso, umano e professionale.

Se guardo indietro, la prima immagine che mi viene in mente di me stessa è quella di una bambina che, con le labbra serrate e l’espressione troppo seria, tornata a casa da scuola orgogliosa di un bel voto, riusciva a fatica durante il pranzo a strappare la parola ai fratelli maggiori – che non la cedevano facilmente a favore di uno dei più piccoli, donna per giunta.

Ricevevo in cambio non solo l’attenzione, ma soprattutto la stima e la credibilità dei genitori.

Già allora sapevo che, per essere presa sul serio, avrei dovuto impegnarmi a fondo, senza risparmiarmi.

E così, quando diciottenne decisi di intraprendere gli studi di medicina – invece di quelli di lettere, considerati più indicati alle ragazze nel Sud in quegli anni ’70 – ottenni, anche grazie al prezioso sostegno dei miei fratelli, il permesso di studiare a Pisa.

Sapevo che il trasferimento, gli studi universitari, sarebbero stati la prova del fuoco: mi trovavo in un ambiente nuovo, pieno di possibilità, ma anche molto competitivo.

Io non mi sono fatta scoraggiare, e ho combattuto tenacemente per rendere il futuro aderente alle mie aspettative.

Così facendo ho scoperto che il mondo non era, in realtà, poi così diverso dalla tavola della mia infanzia: la gente mi avrebbe ascoltata.

Buttandomi nello studio, ho avuto ad esempio la soddisfazione di essere invitata dal prof Bertolucci (istologo) o dal prof Moruzzi, (fisiologo, due volte candidato al premio Nobel), dopo aver sostenuto l’esame, a frequentare come alunna interna.

Invito declinato perché, pur amando moltissimo la ricerca, la mia grande passione era la clinica, il paziente.

Ma dopo tanti anni di ricerca, ho capito che non basta, come non basta pubblicare sulle riviste scientifiche: da accademici, siamo chiamati ad impegnarci anche nella divulgazione.

Verso questo tentativo di divulgare un messaggio in modo comprensibile a tutti vanno anche i libri che ho scritto e i numerosi incontri come questo di Melfi a cui partecipo per parlare direttamente a donne ed uomini”.