Dipendente indotto Fca di Melfi scrive a Giuseppe Conte: “i lavoratori hanno anche il dovere di garantire la salute dei propri familiari e figli”

Cresce la preoccupazione per l’emergenza Coronavirus.

Sono in molti a chiedere l’estensione del provvedimento adottato per le scuole anche per tutti coloro che continuano, ad oggi, a raggiungere il proprio posto di lavoro.

Questa anche la richiesta di un cittadino di Potenza che, rivolgendosi al Presidente del Consiglio dei Ministri, chiede maggiore attenzione per i lavoratori delle aree interessate da nuovi contagi.

Di seguito la lettera aperta inviata a Giuseppe Conte:

“Egregio Presidente,

mi chiamo Giovanni e vivo nella città di Potenza, sono padre di tre piccoli bambini: Francesco di sette anni, Fabrizio di 4 e Martina di 4 mesi.

Come papà e come cittadino italiano, voglio esprimere, in primis, la mia solidarietà, vicinanza, il mio abbraccio a tutti coloro che nel nostro Paese soffrono per questa emergenza che sta portando con sé tanta incertezza, sofferenza, solitudine e soprattutto che sta avendo fra le conseguenze dei cambiamenti difficili da accettare nella nostra società, ma necessari.

Sono convinto che alla fine tutti insieme potremmo, e sono davvero certo che sarà così, vincere e prevalere sull’emergenza Covid-19.

Ma per uscire da questa tragedia, secondo il mio modesto parere, è necessaria una maggiore risolutezza atta a fare e a porre in essere scelte sicuramente non semplici, ma doverose.

La seguo attentamente attraverso la lettura di tutti i provvedimenti governativi e soprattutto, nel mio piccolo, osservo scrupolosamente tutti i comportamenti necessari ed indispensabili per vincere questa ulteriore sfida che si presenta davanti a noi.

Vorrei porre alla sua attenzione, e sono convinto che nulla di nuovo le sto trasferendo, che gli ultimi provvedimenti, a partire dalla chiusura delle scuole, che condivido pienamente, possano estendersi ulteriormente anche ai luoghi di lavoro dove non sempre è possibile garantire la distanza tra le persone.

Purtroppo, non sempre ravvedo quella giusta attenzione da parte di coloro che dovrebbero attivamente mettere in campo azioni di garanzia e di tutela della salute dei lavoratori.

Il mio turno di lavoro, ad esempio, abbraccia circa 150 colleghi, fra donne e uomini, provenienti da diversi paesi, città e regioni… Puglia, Campania e Basilicata e, nonostante gli sforzi messi in campo dalla mia azienda, nei lavoratori avverto una grande inquietudine e una mancanza di serenità.

Le racconto un episodio: qualche giorno fa, in un piccolo paese della provincia di Foggia, San Marco in Lamis, è stato celebrato un funerale, con rischio anche di contaminazione tra i presenti alla funzione.

Questo paese è molto vicino all’area industriale di San Nicola di Melfi, che contiene un bacino di circa 20000 lavoratori che molte volte, per effetto delle attività lavorative, sono strettamente a contatto l’uno con l’altro.

Mi chiedo, a questo punto, cosa potrebbe succedere nelle nostre realtà industriali che ad oggi rappresentano una vera e propria incubatrice per i nostri familiari e compaesani, concittadini, corregionali e connazionali in genere.

Per questo le chiedo, Egregio Presidente, un provvedimento ad hoc che disciplini e garantisca il ‘buon lavoro perché i lavoratori, tutti, oltre ad avere il dovere e il diritto di lavorare hanno anche un altro dovere, quello di garantire la salute dei propri familiari, dei propri figli.

Nel ringraziarLa per l’attenzione, Le invio i miei più distinti saluti”.