Con il Covid molti bar chiudono anche in Basilicata! Ecco la situazione

Quasi 7.000 bar hanno chiuso i battenti causa Covid negli ultimi due anni.

Questa la fotografia, scattata da Unioncamere e InfoCamere sui dati del Registro delle imprese, che mostra infatti che dei 169.839 bar esistenti a fine 2019, ne sono rimasti 162.964 a fine 2021, vale a dire 6.875 in meno (-4,05%).

Una riduzione elevata, che ha colpito prima di tutto il Lazio, dove questi esercizi pubblici sono diminuiti del 10,09% pari a 1.860 strutture in meno.

A seguire la Valle d’Aosta, che segna una variazione percentuale del -9,7% e un calo numerico di 51 bar.

Situazione non molto felice anche in Basilicata dove 26 attività hanno chiuso; 23 erano ditte individuali.

Come si legge nel dossier dell’Ufficio studi Fipe-Federazione italiana pubblici esercizi:

“Questa tipologia di attività è sempre stata una delle articolazioni forti della rete dei pubblici esercizi ma il problema è anche la sua struttura ‘fragile’.

Infatti, a livello Paese il 53,4% di queste imprese è una ditta individuale, cioè peggio attrezzata a far fronte alle procelle finanziarie.

Soprattutto in Puglia, dove questa percentuale arriva al 64,5, e peggio ancora in Basilicata dove le ditte individuali raggiungono il 66,2% del totale.

La differenza tra le due regioni è che, mentre in Puglia ci sono società di capitali oltre la media nazionale (il 18,2% contro il 17,1%), in Basilicata avviene il contrario, soltanto il 16,5% dei bar ha una forma giuridica così ‘robusta'”.

Scarseggiano anche i bar gestiti da donne, la presenza femminile in queste attività in Basilicata si attesta al 28,7 %; mentre le imprese giovanili sono il 15,2%.

Rispetto alla media nazionale, dove le imprese gestite da titolari di origine straniera sono il 10,5% del totale, in Basilicata si registra solo il  4,4%.

Secondo Unioncamere e InfoCamere:

“il quadro rischia di diventare ora più fosco considerando soprattutto l’attuale livello dei prezzi che inevitabilmente inciderà sulla propensione al consumo degli italiani.

Tensioni inflattive che il conflitto in Ucraina rischia, se non di inasprire, certo non diminuire, ancora per molti mesi.

L’inflazione infatti, che inizia a farsi sentire anche al bar con l’incremento dei prezzi della ‘tazzina’ e di altri prodotti, non è più quel fenomeno ‘temporaneo’ previsto in un primo momento”.