Bonus a ristoranti che acquistano Made in Italy: “Un incentivo anche alle piccole e medie imprese agricole”

La misura contenuta nel Dl agosto del Governo – il bonus alle imprese della ristorazione che acquistano prodotti Made in Italy al 100% – raccoglie la sollecitazione della Cia-Agricoltori che, sulla scia della campagna “Mangiare lucano-comprare lucano”, ritiene fondamentale promuovere la filiera dell’agroalimentare di casa nostra.

Questo il commento della Cia di Potenza e Matera.

Dichiara il presidente Cia, Dino Scanavino:

“Lo stop imposto al ‘fuori casa’ durante il lockdown, infatti, ha avuto ricadute negative sull’agroalimentare nazionale, con perdite di almeno 2 miliardi di euro, in un Paese in cui circa un terzo dei consumi alimentari viene realizzato lontano dalle mura domestiche.

Il forte rallentamento del turismo e la contrazione dei consumi durante la pandemia hanno rischiato di compromettere un comparto essenziale della nostra economia, che è anche un elemento imprescindibile della reputazione del Paese.

Cia ha sempre sostenuto la necessità di legare il consumo di Made in Italy all’Horeca, con vari emendamenti agli interventi legislativi che si sono succeduti durante il lockdown.

Siamo, dunque, soddisfatti che le nostre proposte trovino esito nel Dl agosto, con la certezza che gli incentivi portino ossigeno anche alle tante piccole e medie imprese agricole che hanno come unico sbocco commerciale le attività legate al consumo di cibo fuori casa.

Il provvedimento rappresenta, infatti, un concreto aiuto a quei produttori che non hanno lesinato sforzi per garantire cibo fresco e sano ai cittadini in questi difficili mesi di crisi.

In tema di sviluppo di filiere a vocazione territoriale, è necessario allargare le relazioni classiche di sistema, che finora hanno regolato il funzionamento delle filiere agroalimentari, ad ambiti ancora poco esplorati (artigianato, commercio, logistica, turismo, consumatori, enti locali) per dare origine a vere e proprie ‘reti d’impresa territoriali’ e, al loro interno, favorire processi di innovazione sostenibile, anche sociale.

Nello specifico, l’agroalimentare, nel corso del lockdown, ha mostrato ancora una volta la propria forza anticiclica.

Mentre sono andate a picco le vendite di beni non alimentari (-22% in valore nel primo quadrimestre 2020), quelle di cibo hanno mostrato una crescita del 5%.

Nella grande distribuzione sono cresciute del 13%, trainate da prodotti base della filiera agroalimentare made in Italy: farine, lieviti, latte e uova che durante la quarantena hanno registrato incrementi del 40%.

Bene anche la pasta (+17%), l’ortofrutta (+15%) e il vino (+11%).

Secondo il report di Nomisma, il lockdown lascia in eredità anche alcuni cambiamenti nelle abitudini d’acquisto che con ogni probabilità resisteranno anche in futuro: gli italiani escono dalla pandemia più attenti al made in Italy (26%), alla tutela dell’ambiente (22%), alle tipicità del territorio (16%), alla salute (15%).

La pandemia restituisce innanzitutto la centralità del settore agroalimentare che ora è evidente a tutti, ma ci ha reso ancora più chiaro di quanto non fosse prima la necessità di investire sugli interventi di digitalizzazione e di ammodernamento della rete dei trasporti, di agevolare percorsi di aggregazione all’interno delle filiere per costruire sistemi produttivi territoriali e di integrare sempre più l’agricoltura con l’agriturismo e l’enogastronomia di qualità”.