AL CASTELLO DI MELFI UNA MOSTRA FOTOGRAFICA RACCONTATA DA UN PROTAGONISTA DEI RITI DELLA BASILICATA

Domani al Castello di Melfi alle ore 18,00 si inaugura una mostra fotografica che ha in sé il sapore della ricerca antropologica, della storia, dell’amore per le tradizioni e soprattutto per la propria terra.

E quando sono presenti tutti questi ingredienti, dietro alla macchina fotografica non può che esserci Vincenzo Fundone, che da oltre 20 anni percorre in lungo e in largo la nostra regione alla scoperta di antichi riti religiosi e pagani.

La retrospettiva che si inaugura domani al Castello federiciano ha un tema specifico: I riti religiosi della Settimana Santa in Basilicata.

L’evento sarà allestito presso il piano terra del Museo Archeologico Nazionale, a pochissima distanza dal celebre e magnifico “Sarcofago di Rapolla”. L’inaugurazione sarà accompagnata da un dibattito con numerosi ospiti, tra cui il sindaco di Melfi Livio Valvano, il vicesindaco Raffaele Nigro, Michele Sedile, presidente dell’Archeoclub di Melfi che ha attivamente contribuito alla realizzazione di questa manifestazione.

Una trentina di fotografie che saranno esposte per una settimana, in occasione delle Giornate Europee della Cultura che Fundone ha l’onore di aprire, accompagnate dalla proiezione di documentario sulla Processione del Venerdì Santo a Melfi che verrà mostrato in anteprima assoluta.

Vincenzo, qual è il senso di questo lavoro?

“La retrospettiva ha non tanto un valore artistico quanto antropologico, di testimonianza, di conservazione della memoria. È un’operazione storica ben specifica che ha una doppia valenza: quella di raccontare e far scoprire i numerosi riti della Settimana Santa in Basilicata; e quella di conservare nel tempo quanto si vuole raccontare”.

Crede che possa rompersi il legame con la tradizione?

“No, non credo questo. Piuttosto credo nel continuo mutare della tradizione. Nel corso dei secoli ciascun rito si piega alle esigenze storiche e sociali, eredita forme nuove, reinventa le vecchie. Il risultato è sì la persistenza di un rito antichissimo ma continuamente riattualizzato”.

Nella mostra che vedremo a partire da domani ha operato una scelta precisa in termini di ciò che vuole rappresentare.

“La Basilicata è densa di riti della Settimana Santa, basti pensare al Vulture-Melfese dove ogni comunità ha una sua processione. Si è trattato di fare una scelta, un criterio è stato quello di considerare i riti con almeno 100 anni, perché la secolarità trasmette anche un sapore lontano che deve essere ricercato. A livello di scatti mi sono soffermato spesso sui dettagli, su quello che può passare in secondo piano alla coscienza dell’osservatore. I riti sono fatti di tante sfaccettature e spesso è proprio nel dettaglio che si nasconde l’autenticità”.

Un lavoro che sicuramente ha richiesto del tempo. Perché la Basilicata e perché i riti della Passione?

“Ho lavorato per circa 5 anni a questo progetto, dal 2007 al 2012, indagando, scrutando. Posso dire che per me è stata una scoperta. Spesso conosciamo e partecipiamo ai riti della Settimana Santa, ma sforzarsi di vederli sotto un’altra lente ti porta inevitabilmente ad entrare in contatto con una nuova dimensione. La Basilicata è per molti aspetti un luogo chiuso, un mondo a sé, e per le tradizioni è certamente un bene, perché si determina una preservazione tutta particolare. Quello che vedo in Basilicata non vedo in altre regioni italiane, così come ogni rito della Settimana Santa è diverso. Amo questa terra non solo perché mi ha dato i natali ma soprattutto perché continua a stupirmi. I riti della Settimana Santa sono solo un capitolo di un progetto più ampio che comprende i riti arborei, i riti mariani, il culto dei santi e i carnevali. Ovunque c’è tradizione io mi soffermo a raccontare e a essere testimone”.

Parliamo del documentario. 

“Ho girato questo lavoro sulla Processione del Venerdì Santo a Melfi e si comprende sin da subito quanto molto di ciò che conosciamo lo dobbiamo alla tradizione orale. Ho intervistato diverse persone che tramandano una conoscenza importante e proprio perché orale è soprattutto fragile e suscettibile di modificazioni nel corso del tempo. Un limite nel dover raccontare i riti e le tradizioni della Basilicata è proprio la mancanza di documenti ufficiali, di fonti che possano dare qualche informazione sull’origine e la loro composizione. C’è davvero poco, si vuole per noncuranza, per perdite dovute a calamità naturali o a guerre. Ma soprattutto perché quando si ha a che fare con la tradizione popolare si perde quell’interesse nel fare una cronaca storica. E il risultato è la perdita dell’ufficialità e il ricorso alla tradizione orale, fonte importantissima ma allo stesso tempo labile”.

L’appuntamento dunque è per domani alle ore 18,00 presso il Castello federiciano di Melfi. La mostra sarà visitabile per circa una settimana secondo gli orari del Museo Archeologico Nazionale (lun: 14.00-20.00 | mar – dom: 9.00-20.00).

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