Lavoro: in Italia occupati in crescita, ma quasi la metà ha un lavoro precario. Ecco i dati

Il rapporto Inps sul lavoro traccia un quadro in chiaroscuro, in cui si può leggere ciò che si vuole a seconda della convenienza politica.

Secondo il XXIV Rapporto annuale Inps appena pubblicato, gli occupati aumentano ma solo il 45% ha un impiego stabile e a tempo pieno.

Intanto fa sapere quifinanza si allarga il divario di genere nelle pensioni e cresce il numero di emigrati fra giovani e anziani.

In sintesi: più occupati ma spesso precari, sottopagati o costretti a fare un biglietto di sola andata fuori dal nostro Paese.

Partiamo dalle buone notizie: nel 2024 il numero di occupati in Italia ha raggiunto il massimo storico con oltre 24 milioni di lavoratori, un tasso di occupazione che sfiora il 63%, secondo i dati Inps.

Bisogna comunque ricordare che l’Italia resta sotto la media Ue di 8 punti percentuali e che persiste un significativo divario occupazionale tra uomini e donne

Un po’ di numeri: tra il 2019 e il 2024

  • gli assicurati Inps sono cresciuti di 1,5 milioni;
  • i giovani under 34 aumentano di 719.000;
  • gli extracomunitari aumentano di 665.000.

Ma solo il 45% dei dipendenti italiani lavora tutto l’anno a tempo pieno.

Gli altri si arrangiano:

  • 2,38 milioni lavorano full-time ma solo parte dell’anno;
  • 3,65 milioni hanno un impiego part-time e discontinuo.

I lavoratori part-time, che vengono impegnati solo per pochi mesi, guadagnano una media di 9.000 euro l’anno.

Gli stipendi sono saliti del +8,3% in 5 anni, ma l’inflazione ha galoppato al +17,4%.

Questo per gli italiani si è tradotto in una perdita di oltre 9 punti sul potere d’acquisto.

Solo i lavoratori stabili, vale a dire quelli a tempo pieno per tutto l’anno, hanno visto una crescita reale dei redditi netti. Per tutti gli altri, la retribuzione effettiva è rimasta indietro rispetto al costo della vita.

Le donne, e soprattutto le madri, restano tra le categorie più penalizzate:

  • il 92% dei padri non usufruisce del congedo parentale e questo si traduce in un immediato sacrificio femminile;
  • le madri nel settore privato hanno il 20% di probabilità di abbandonare il lavoro alla nascita del primo figlio contro il 6% nel pubblico;
  • a ogni figlio le retribuzioni femminili calano in modo sensibile.

Il Rapporto Inps segnala un doppio trend crescente fra i pensionati. L’8,5% continua a lavorare dopo il pensionamento, spesso per bisogno, talvolta per scelta.

Chi va in pensione con assegno basso prima dei 64 anni torna a lavorare per necessità.

Quelli con pensioni elevate oltre i 64 anni, invece, lo fanno per motivi personali o di interesse professionale.

Sono 228.600 gli italiani pensionati residenti all’estero e il trend è in crescita costante.

La migrazione è favorita da clima, fisco più morbido e qualità della vita migliori.

La propensione a trasferirsi è 6 volte più alta tra chi ha una pensione sopra i 5.000 euro al mese. Spagna, Portogallo, Svizzera, Francia e Germania sono le mete più scelte. Tra le nuove destinazioni emergono Albania e Tunisia.

La spesa pensionistica ha toccato i 364 miliardi, +4,5% rispetto al 2023, trainata dalle pensioni di vecchiaia e invalidità. Le pensioni anticipate, invece, calano del 9% dopo i correttivi del governo Meloni, che ha decretato la fine di Quota 100 e ha imposto una stretta su Opzione donna.

La pensione media in Italia è di 1.860 euro al mese.

Gli uomini percepiscono il 34% in più rispetto alle donne (2.143 euro contro 1.595 euro). L’età media al pensionamento è di 64,8 anni, con le donne che si ritirano 15 mesi dopo gli uomini.

Sul fronte del welfare, l’unico risparmio significativo è venuto dallo spegnimento del Reddito di cittadinanza, sostituito da Adi (Assegno di inclusione) e Sfl (Supporto per la formazione e il lavoro) che però coinvolgono meno beneficiari.