Basilicata, spopolamento: “una condizione drammatica e non più tollerabile”. La denuncia

“L’analisi contenuta all’interno del Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne, assolutamente non condivisibile, fa trasparire una volontà, più o meno chiara, di evitare ogni possibile e doveroso impegno per le aree interne, bollate dal documento governativo come destinate inesorabilmente all’abbandono ed alla desertificazione”.

A dichiararlo è il consigliere regionale di Azione Nicola Morea, che interviene “con fermezza” sul tema dello spopolamento, richiamando l’attenzione del Governo “su una condizione drammatica e non più tollerabile e prendendo le distanze dalla visione che emerge dal Psnai che il destino di questi territori sia ormai segnato”.

Afferma Morea:

“Ogni volta che vado in uno dei tanti borghi lucani che amo trovo una panchina in più e una voce in meno.

La Basilicata, come l’intero Mezzogiorno, continua a svuotarsi silenziosamente Non per scelta, ma per necessità.

I giovani partono, gli anziani restano, e tra le case di pietra risuona solo l’eco di ciò che eravamo.

I dati sono impietosi: dal 2000 ad oggi, la Basilicata ha perso oltre 70.000 abitanti.

E il trend, salvo rari casi virtuosi, non accenna a un’inversione.

Nel 2025 parlare di spopolamento non è solo una fotografia crudele, ma un atto d’accusa.

E la tendenza non accenna a fermarsi.

Lavoro, servizi, infrastrutture: tutto si concentra altrove, e noi rimaniamo con i ricordi e le promesse disattese.

Ma non si tratta solo di numeri.

Si tratta di identità.

Di comunità.

Di un Sud che continua a dare – cervelli, braccia, cultura – senza ricevere niente in cambio.

Non bastano il turismo, la bellezza o la retorica della resilienza per tenere in vita territori ormai allo stremo.

Non si vive di storytelling.

Servono politiche concrete, visione strategica, investimenti duraturi.

Servono infrastrutture materiali e digitali, università che non siano cattedrali nel deserto ma realmente integrate nel tessuto sociale, imprese che vedano nel Sud un punto di partenza e non solo un luogo da cui fuggire.

E serve un Governo che creda nella possibilità di invertire una rotta tracciata da politiche vergognose che hanno concentrato volutamente sviluppo e progresso nelle aree metropolitane del Nord Italia.

Il Mezzogiorno non chiede elemosina.

Chiede giustizia.

Chiede la possibilità di restare.

E anche, se vogliamo, di tornare.

Perché se perdiamo i nostri paesi, perdiamo la nostra anima.

E senza anima, un Paese intero smette di camminare.

Dobbiamo credere che un futuro è possibile.

Dobbiamo pretendere che chi governa creda nel futuro delle aree interne del Paese”.