Ospedale di Melfi: “la salute è un bene essenziale che deve riguardare tutti”. Le parole di Brescia, ex parlamentare e già sindaco della città

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di Peppino Brescia, ex parlamentare e già sindaco di Melfi, indirizzata all’Assessore regionale Latronico e al Direttore generale dell’Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo, Spera.

“In un articolo di lunedì 28 luglio 2025, apparso sulla stampa regionale, ho letto la risposta dell’AOR San Carlo di Potenza (presumo del Direttore Spera) al mio ultimo articolo sull’ospedale di Melfi.

Mi onora di tanta attenzione. Sinceramente ne sono grato. E mi offre la semplice opportunità di presentare, in forma di dialogo costruttivo, alcune valutazioni e suggestioni, senza alcun tono polemico e non per “narrazione distorta”, mi auguro utili ed apprezzabili per rafforzare e rilanciare per davvero la sanità ospedaliera e territoriale della nostra area.

Dico subito che non sottovaluto le cose fatte dall’AOR a Melfi e negli altri presidi dell’Azienda.

Le do per acquisite (in questo senso ho parlato di cose vecchie), anche perché molte di esse hanno paternità politica e gestionale lontane (il nuovo corpo di fabbrica, con la conseguente e successiva ristrutturazione/abbattimento/ricostruzione edilizia dei vecchi reparti; l’acquisto e istallazione della risonanza magnetica).

Certamente fatti positivi.

Mi piace ricordare che l’istituzione dell’Area dipartimentale chirurgica è avvenuta come risposta alle sollecitazioni continue per evitare che l’eccellente primario di ortopedia e traumatologia, dott. Cuomo, lasciasse l’ospedale di Melfi per trasferirsi in Campania (e non per ricongiungimento familiare).

Apprezzo, anche perché atto dovuto, le nomine dei primari, a partire dalla responsabile della chirurgia, che in un biennio ha rilanciato il reparto.

La mia precedente esperienza di amministratore mi fa registrare sia progressi e conquiste realizzate nei nostri territori e sia ritardi e disfunzioni, per errori di gestioni aziendali e della sfera politica.

Le inefficienze si scaricano sulla vita della gente povera e della comunità più marginale, come accade per le lunghe liste di attesa e per la permanente mobilità passiva, che deve essere meglio arginata, spingendo all’inverso l’immigrazione sanitaria verso la Basilicata, come spesso avviene, anche da regioni contermini e non il contrario.

E’ evidente che la salute è un bene essenziale che deve riguardare tutti, chi possiede e chi non ha risorse sufficienti. Da anni, soprattutto a livello nazionale, ma anche qui in Regione, attraverso i tagli finanziari e la sottostima del fondo sanitario, la sanità pubblica sta regredendo.

Tanti reparti ospedalieri sono in forte affanno (e non solo in periodo feriale) per carenza di medici e infermieri: Medicina generale, Chirurgia, Ortopedia, Laboratorio Analisi, Pronto Soccorso, Ostetricia e Ginecologia e l’UO di Cardiologia, che va rafforzata (un altro medico sembra vada via) con l’assunzione immediata di specialisti, ripristinando la guardia cardiologica notturna e le funzioni proprie dell’UTIC. Vanno ripristinati i servizi cancellati, come otorinolaringoiatria.

E’ certo apprezzabile il piano delle attrezzature e nuove tecnologie, ma se non c’è sufficiente personale per farle funzionare, tutto si vanifica e le liste di attesa si allungano.

Lo dico soprattutto all’Assessore Latronico: serve un approfondimento complessivo su assetto ospedali e territorio nel Psr, con le modifiche del caso.

Serve un modello di sanità del Vulture, anche in considerazione della natura strategica di quest’area per l’economia regionale, sia dal punto di vista agro-industriale e sia per la presenza del polo industriale di Stellantis e dell’indotto (in crisi, ma da difendere e rilanciare), uno dei più grandi e tecnologicamente avanzato dell’Italia meridionale.

Si segua e si arricchisca la traccia del buon documento sul presidio ospedaliero di Melfi, approvato all’unanimità dal Consiglio comunale un anno fa. Finalmente il Comune si è dotato di una linea – guida netta ed inequivocabile, per cambiare realmente le cose e per correggere le note ed annose disfunzioni. Ne faccia tesoro la Regione e lo riprenda nel nuovo Piano sanitario.

Cosa si chiede? Di riportare il presidio di Melfi e quelli di ex Pronto soccorso attivo ad una più incisiva e rafforzata funzione di cure per acuti, di base e specialistiche, nel territorio di appartenenza, in una rete potenziata di servizi, inclusi quelli dell’emergenza-urgenza. Servizi resi più autonomi da una troppo rigida e compressiva dipendenza dal S. Carlo.

Si punti, inoltre, ad una riprogettazione, minuta e capillare, Comune per Comune, della rete ambulatoriale e territoriale, da rivedere e rimodulare.

La medicina territoriale non sta meglio di quella ospedaliera.

Riassumo le criticità, sempre con spirito costruttivo.

Prendo ad esempio la carenza di specialisti al distretto sanitario di Melfi e delle lunghe liste di attesa, quando è possibile prenotare una prestazione.

Non c’è più l’otorino. Non c’è più il neurologo. Non c’è più l’oculista. Non c’è più il reumatologo. Dei due cardiologi degli anni scorsi, ne è rimasto uno solo e lo stesso pensionamento del dott. Gubelli, rende difficoltoso il servizio sullo scompenso cardiaco, apprezzato anche a livello nazionale.

Difficoltà per endocrinologia e diabetologia pubblica, nonostante l’ottimo lavoro del medico che vi opera.

Il servizio di Psichiatria si regge solo su una dottoressa in servizio, peraltro prossima al pensionamento.

E inoltre c’è la vetusta’ dell’immobile che non risponde più alle esigenze attuali. A tal proposito esiste ancora il finanziamento di 1 milione di euro per il restyling della struttura stanziato qualche anno fa?

Da anni, poi, manca il responsabile di ruolo del Distretto, in quanto si sono alternati solo facenti funzioni prima del pensionamento.

Diventa parafulmine di questa situazione insostenibile il personale che lavora nella struttura, infermieri, medici e impiegati amministrativi (la maggioranza di essi non sono dipendenti ASP o AOR), sempre più spesso aggrediti verbalmente da cittadini utenti legittimamente adirati per le mancanze sopradescritte.

Sono lavoratori di cui nessuno parla, forse nessuno se ne interessa, ma che aiutano, con grande senso di responsabilità, ad evitare che le cose si aggravino ulteriormente.

Potrei proseguire la lista, sarebbe lunga come quelle d’attesa.

E’ sanità anche questa, così come è sanità la scelta del medico di famiglia e del pediatra, sempre più difficile da effettuare per carenza di medici e pensionamento di quelli in servizio. Ormai si è costretti a scegliere medici fuori dal comune di residenza. Ovviamente è un problema generale, ma proprio per questo servono visioni d’insieme.

Conta ripartire dal territorio e ricostruire intorno al percorso del paziente, frammento per frammento, un nuovo piano attuativo locale della sanità che si fa sociale. In un confronto e dialogo permanente tra le diverse strutture aziendali dell’AOR S. Carlo e dell’Asp di Potenza, per ripiantare, in modo unitario, le strutture più vicine e collaboranti ai problemi dell’area vulturina.

Conta per me e per tutti l’immagine di una ripresa complessiva del ‘morale’ e della rimotivazione della comunità ospedaliera nel suo intero.

Ma forse ciò non basta.

Mai come ora occorre un riscatto, un risveglio di attenzione del mondo civico, associativo, di quello culturale e dell’istruzione, oltre alla rete di professionisti ed al tessuto associativo e solidale.

Serve un confronto serrato e permanente tra la Regione, le aziende sanitarie ed i Sindaci dell’area; un invito al dialogo sul “che cosa ora si deve fare”, per ritrovare sintonia e colloquio con il mondo ospedaliero.

Infine, se mi è permesso un consiglio, qualche volta, sia l’Assessore che i Direttori generali di AOR e ASP, provino ad ascoltare i cittadini vicino agli sportelli per il pagamento dei ticket, nelle sale dei pronto soccorso e degli ambulatori, in quelle dei prelievi ematici, oppure le persone in attesa di fare una radiografia o ecografia, nei corridoi dei reparti.

Ascoltino per davvero anche gli operatori in servizio e le loro difficoltà”.