Melfi, zona industriale: “autobus pieni molto più dell’50%. Si gioca ancora con la nostra pelle”. Ecco l’appello di una lavoratrice che ha contratto il Covid

In una lettera, inviataci da Usb, una lavoratrice che ha contratto il Covid-19 scrive alle istituzioni e ai colleghi in merito ai pullman troppo pieni:

“Abbiamo parlato con una lavoratrice dell’area industriale di San Nicola di Melfi (PZ) che ha contratto ed è guarita dal Covid-19.

Nei mesi di malattia ha attraverso momenti molto difficili per la sua salute.

Per non esporla ulteriormente, abbiamo deciso, insieme, di non rendere pubblico il suo nome.

Oggi, dopo tanto tempo, può dire di aver sconfitto il virus ma anche di essere rimasta profondamente segnata.

Nasce da questa sua nuova consapevolezza la necessità di contattarci, perché qualcuno renda pubblico il suo appello.

Un appello alle istituzioni locali e ai suoi colleghi che quotidianamente vanno a lavorare con i mezzi pubblici.

Ci ha parlato di cose ben note, di disservizi sempre segnalati, ma che hanno tutto un altro peso se a denunciarli è una persona che ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze del virus, che sa benissimo quanto sia pericoloso sottovalutarlo.

Ci ha raccontato del primo giorno di lavoro dopo la malattia e dell’impatto negativo che ha avuto nel dover prendere un autobus pieno molto più dell’50%.

Di quanto sia sottovaluto il rispetto del distanziamento nei luoghi chiusi.

Per impedire che il pullman partisse in quelle condizioni e non avendo un mezzo proprio affidabile per andare a lavoro autonomamente, aveva contattato le forze dell’ordine ma nessuno è intervenuto, ancora oggi sale su pullman troppo pieni.

Un deciso monito lo rivolge alle istituzioni e agli istituti di controllo, perché ‘sono a conoscenza delle condizioni in cui viaggiano i pendolari ma preferiscono girare la testa dall’altra parte’.

Perché la smettano di scherzare con la pelle di migliaia di persone e intervengano seriamente, è un loro obbligo oltre che dovere‘.

L’appello è rivolto anche ai suoi colleghi, perché quando le condizioni non garantiscono la sicurezza del viaggio, tutti insieme, non accettino di partire e si ribellino a questa ingiustizia”.

Riportiamo di seguito uno stralcio della sua testimonianza:

“Sono stata affetta da Covid-19 ed, in alcuni momenti, ho temuto che la situazione degenerasse, per questo provo molta rabbia nel vedere che si gioca ancora oggi con la nostra pelle.

Chi dovrebbe vigilare che tutto sia rispettato non c’è mai e quando si presenta dà sempre ragione al più forte, che non è mai l’operaio.

Ai miei colleghi dico di non restare immobili perché è a rischio la nostra stessa vita, perché l’abbiamo affidata alle mani sbagliate.

Dobbiamo difenderci impegnandoci in prima persona e uniti, perché nessuno lo farà al posto nostro”.