Importanti scoperte archeologiche venute alla luce durante gli scavi dello schema idrico “Basento-Bradano”. Le foto

Durante i lavori per la realizzazione dello schema idrico “Basento – Bradano” in Basilicata la Cobar di Vito Barozzi, incaricata della costruzione della complessa infrastruttura idrica, ha realizzato una serie di impressionanti scoperte relative alle tracce della presenza dell’uomo.

Scoperte che hanno consentito la realizzazione di un’interessante sintesi ricostruttiva storico – archeologica di sicura importanza e utilità per chi in futuro dovrà occuparsi della tutela di questo territorio così ricco di storia.

Scoperte che sono confluite nel volume “Archeologia preventiva in Basilicata” a cura di Sabrina Mutino, funzionaria della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Basilicata (Osanna Edizioni).

Solo grazie alla sua esperienza nei lavori in ambito archeologico ed il possesso della categoria SOA OS25, dopo i primi ritrovamenti, la ditta altamurana ha potuto ottenere dalla Soprintendenza l’affidamento per l’esecuzione di scavi archeologici in aree sottoposte a tutela procedendo con la realizzazione dell’opera e supportando il lavoro di assistenza degli archeologi, il tutto diretto e coordinato, dalla proficua opera svolta dalla Direzione scientifica della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Basilicata, fino al completamento di tutte le fasi di scavo, partecipando anche in forma attiva al recupero dei reperti, adesso esposti nel Museo Archeologico Nazionale di Venosa e nella Pinacoteca e Biblioteca “Camillo d’Errico” di Palazzo San Gervasio.

Durante la conferenza Vito Barozzi, amministratore unico di Cobar Spa, ha dichiarato:

“Ogni volta che la storia, l’archeologia e le scoperte entrano nei nostri lavori è un’emozione enorme.

Lavorare con la Soprintendenza, e con la collaborazione della Regione Basilicata e dei suoi Uffici preposti è stato un privilegio per la nostra azienda che da 40 anni opera nel campo dell’edilizia e dei restauri.

La costruzione della complessa infrastruttura idrica di adduzione idrica proveniente dagli invasi di Genzano e di Acerenza e dalla traversa di Trivigno alla diga del Basentello (opera pubblica strategica di preminente interesse nazionale secondo la Legge Obiettivo n. 443 del 2001) funzionale alla distribuzione irrigua ricadente nei comuni di Irsina, Genzano di Lucania, Banzi e Palazzo San Gervasio, con un’estensione di 5000 ettari, ha consentito scoperte di grande utilità per chi dovrà occuparsi in futuro della tutela di questo territorio.”

Tutte le scoperte, dicevamo, sono state raccolte nel volume “Archeologia preventiva in Basilicata” che si inserisce nella collana di studi «Polieion» della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università della Basilicata.

Il testo raccoglie sedici contributi diversi incentrati su trentasei contesti archeologici, datati dalla Preistoria all’età moderna, oggetto di interventi diretti dalla Soprintendenza tra il 2008 e il 2020.

Dopo un’introduzione dedicata all’inquadramento normativo e amministrativo della pratica dell’archeologia preventiva nel territorio lucano, il libro si divide in sei capitoli topografici, scanditi ciascuno in senso diacronico.

Il vasto comprensorio indagato è grosso modo coincidente con quello interessato dallo “schema B dell’infrastruttura idrica “Bradano-Basento” e, in gran parte, ripercorre la cosiddetta ipotesi meridionale del tracciato della via Appia in quest’area.

Le scoperte riguardano, tuttavia, anche un villaggio preistorico, intercettato durante i lavori per la realizzazione di un metanodotto a Genzano di Lucania, interventi programmati per il restauro dei castelli di Monteserico e Palazzo San Gervasio, nonché sopralluoghi effettuati su sollecitazione delle comunità locali di Palazzo San Gervasio e dei paesi vicini: Venosa, Banzi e Genzano di Lucania.

Ne sono scaturite nuove scoperte, come la presenza di due ponti sulla fiumara tra Venosa e Palazzo, due cascate, un mulino e le tracce di un acquedotto romano, che sembra ricollegarsi al famoso acquedotto fatto costruire da Erode Attico nel II secolo d.C., di cui si conosceva il tratto che da Montemilone giunge a Canosa.

Le nuove acquisizioni hanno dimostrato inequivocabilmente come l’infrastrutturazione romana abbia qui creato le premesse per il successivo sviluppo insediativo, perdurato fino alla piena età medievale e moderna, e conservatosi pressoché inalterato fino ai nostri giorni, andando a costituire un Paesaggio Culturale straordinariamente suggestivo.

Nel settimo capitolo una sintesi pluridisciplinare sullo stato degli studi. Di grande interesse l’aggiornamento del repertorio epigrafico, scritto da Marcella Chelotti, e la presentazione del docu-film “Viarium.

Paesaggi culturali nell’ager Bantinus”, di Maria Chiffi e Francesco Gabellone, che ha accompagnato l’intero progetto di conoscenza e promozione territoriale.

Di seguito alcune foto dell’incontro e degli oggetti archeologici scoperti.