Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa del Coordinamento Agricoltori della Basilicata relativo alla crisi idrica nel Vulture-Melfese, con una formale diffida politica indirizzata alla Regione Basilicata, al Consorzio di Bonifica e agli enti competenti in merito alla gestione delle dighe della Rendina e di Toppo di Francia..
Il testo, fanno sapere in una nota:
“pone l’attenzione su ritardi strutturali, assenza di cronoprogrammi pubblici, mancanza di date certe sull’avvio dei lavori e su decisioni che, se confermate, rischiano di compromettere un’altra stagione irrigua in un’area strategica per l’economia agricola regionale.
Non si tratta di una presa di posizione ideologica, ma di una richiesta puntuale di trasparenza, programmazione e assunzione di responsabilità politiche, fondata su atti amministrativi, procedure verificabili e criticità note da anni.
Riteniamo il tema di evidente interesse pubblico e territoriale, sia per le ricadute economiche che per il metodo di governo delle infrastrutture idriche regionali”.
Di seguito il testo:
“Il Coordinamento Agricoltori della Basilicata, a nome degli agricoltori del Vulture-Melfese, rivolge una formale diffida politica alla Regione Basilicata, al Consorzio di Bonifica della Basilicata e a tutti gli enti competenti in merito alla gestione delle infrastrutture idriche strategiche del territorio, a partire dalla Diga della Rendina e dalla Diga di Toppo di Francia.
La crisi idrica che colpisce quest’area non è un’emergenza improvvisa, ma la conseguenza diretta di ritardi strutturali, decisioni rinviate e responsabilità non assunte, nonostante criticità note da anni e risorse già stanziate.
Nel Vulture-Melfese insistono infrastrutture decisive per l’economia agricola regionale che continuano a essere prive di tempi certi, cronoprogrammi pubblici e comunicazioni istituzionali verificabili.
Per la diga della Rendina non risultano date ufficiali sull’avvio dei lavori né informazioni chiare sullo stato reale delle procedure, mentre il richiamo alle competenze ministeriali viene utilizzato come giustificazione politica anziché come strumento per pretendere risultati.
Per la diga di Toppo di Francia la situazione appare ancora più grave: i lavori risultano formalmente appaltati, ma di fatto mai avviati. Siamo già a dicembre 2025 e non esiste una data certa di apertura del cantiere né una decisione chiara sulla gestione dell’invaso, che dovrebbe essere svuotato per consentire gli interventi di impermeabilizzazione del muro.
A questo punto la domanda è inevitabile e volutamente provocatoria: si intende avviare i lavori a giugno 2026, cioè in piena stagione irrigua, quando l’acqua servirebbe ai campi e non ai cantieri? Se questa è la scelta, lo si dica apertamente.
Vorrebbe dire programmare consapevolmente un’altra stagione di incertezza, trasformando l’emergenza in metodo e scaricandone i costi su agricoltori e territorio.
Non è più un problema tecnico: è una decisione politica precisa, di cui qualcuno dovrà assumersi la responsabilità.
Questo approccio non è più accettabile.
Annunciare risorse senza indicare cosa si fa, quando si fa e chi ne risponde non equivale a governare, ma a rinviare.
Il Coordinamento rivolge un appello diretto anche ai sindaci delle aree interessate affinché si informino, verifichino concretamente lo stato delle procedure e pretendano risposte, perché il silenzio istituzionale equivale a corresponsabilità politica.
Tutti evocano il tema del commissario straordinario per la crisi idrica, ma nessuno arriva a nominarlo: una reticenza che alimenta il sospetto che si preferisca tutelare equilibri politici fragili piuttosto che affrontare seriamente un problema strutturale.
È necessario dirlo con chiarezza: più tempo passa, più i problemi si aggravano, più aumentano i costi e più si compromette in modo duraturo la capacità produttiva del territorio.
Senza acqua non c’è agricoltura, senza agricoltura non c’è economia reale e senza economia reale non c’è futuro.
Gli agricoltori non chiedono annunci né rassicurazioni, ma pretendono programmazione immediata, trasparenza totale e responsabilità politiche esplicite.
Chiediamo pertanto che venga reso pubblico, in modo chiaro e verificabile, lo stato dell’arte dei lavori relativi ai due invasi, con l’indicazione puntuale delle fasi procedurali, dei tempi e dei soggetti responsabili. Non domani, ma oggi.
Quanto affermiamo non è smentibile perché fondato su dati oggettivi, atti amministrativi esistenti e procedure verificabili.
Da oggi in avanti, ogni ulteriore ritardo avrà un nome e un responsabile”.

































