Cosi in una nota la Filcom Confsal Basilicata:
“C’è un filo sottile ma tenace che lega il commercio, i servizi e il turismo in Basilicata: è il lavoro.
Quel lavoro spesso dimenticato, sottopagato, reso invisibile da una narrazione che confonde le cause con gli effetti.
Eppure, proprio da qui – dai negozi, dagli alberghi, dai pubblici esercizi, dai servizi appaltati – passa la possibilità di ridare ossigeno all’economia regionale.
La FILCOM CONFSAL Basilicata rilancia con forza la necessità di una detassazione strutturale dei contratti rinnovati, una misura che non deve essere interpretata come un favore fiscale, ma come un investimento sul capitale umano.
Ogni euro che torna nelle tasche dei lavoratori è un euro che si rimette in circolo tra imprese, famiglie e territori.
È l’unica via seria per sostenere i consumi, alimentare la crescita e contrastare il declino dei redditi”.
Per Donato Rosa:
“Rimettere soldi nelle tasche dei lavoratori significa rimettere in movimento le imprese, le botteghe, i mercati, le attività turistiche.
È così che si crea sviluppo reale, non con i bonus episodici ma con il lavoro stabile, dignitoso e giustamente retribuito.
La detassazione dei rinnovi contrattuali deve andare di pari passo con un rafforzamento della contrattazione di secondo livello, aziendale e territoriale, strumento imprescindibile per ridurre la distanza tra economia reale e contratti nazionali.
È lì, nel confronto quotidiano tra datore e dipendente, che si costruisce la vera qualità del lavoro, quella che non si misura a colpi di slogan ma con la concretezza della busta paga e della formazione continua.
Da troppo tempo il dibattito pubblico si concentra sui cosiddetti “contratti pirata”, come se fossero il cuore del problema. Non è così.
I dati ufficiali del CNEL parlano chiaro: rappresentano appena il 3% dei contratti depositati.
Fenomeno da condannare, certo, ma marginale.
Il vero nodo è nel restante 97%, dove troppo spesso si negozia al ribasso, si rinuncia alla produttività contrattata e si lasciano scadere i rinnovi per anni.
Per la FILCOM CONFSAL, è tempo di restituire alla contrattazione collettiva la dignità che le spetta, rendendola leva di redistribuzione e innovazione, non terreno di resistenza burocratica.
Solo un sindacato forte e autonomo può garantire che il valore prodotto lungo la catena commerciale e dei servizi venga redistribuito equamente, tutelando lavoratori e famiglie contro la deriva del lavoro povero.
Ma la questione del lavoro povero non si ferma ai salari.
Si estende come una macchia silenziosa negli appalti, pubblici e privati, dove la logica del ribasso continua a generare precarietà, ricatti occupazionali e perdita di dignità.
Il paradosso è che spesso proprio lo Stato, attraverso le sue stazioni appaltanti, alimenta questa spirale di ingiustizia.
Nel settore pubblico gli appalti al massimo ribasso hanno prodotto un esercito di lavoratori invisibili: addetti alle pulizie, alla vigilanza, ai servizi esternalizzati, costretti a sopportare condizioni economiche e professionali indegne di un Paese civile.
È tempo che la qualità del lavoro diventi il primo criterio di aggiudicazione.”
Per questo, la FILCOM CONFSAL chiede:
“una riforma coraggiosa del sistema degli appalti, che renda obbligatorio il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, premiando la stabilità occupazionale, la sicurezza e la formazione.
A ciò deve accompagnarsi una vigilanza sindacale permanente, con reali poteri di controllo e sanzioni effettive per chi viola le clausole sociali.
In questa visione, la Basilicata può diventare un laboratorio nazionale.
Detassare i rinnovi contrattuali, promuovere la contrattazione di secondo livello e riformare gli appalti non significa solo correggere storture, ma costruire un nuovo modello di sviluppo fondato sulla qualità, sulla giustizia e sulla fiducia reciproca tra imprese e lavoratori”.
Conclude Donato Rosa:
“Serve un patto di responsabilità tra istituzioni, imprese e lavoratori.
Solo così la Basilicata potrà diventare un modello di sviluppo fondato non sullo sfruttamento, ma sulla qualità, sulla partecipazione e sulla dignità del lavoro.
L’economia, dopotutto, non è fatta di numeri ma di persone.
E quando il lavoro torna a valere, a guadagnarci non è solo chi lavora, ma l’intera comunità che attorno a quel lavoro vive e cresce”.


































