Rionero “in ginocchio” per le vittime degli abusi: ecco l’iniziativa

L’Unione degli Studenti, con la collaborazione di soggetti associativi e organizzazioni attive sul tessuto cittadino rionerese, ha voluto promuovere un flash mob e un momento collettivo di riflessione in piazza Giustino Fortunato nella data 14/06/2020 per i tristi avvenimenti osservati in America, riguardanti l’omicidio di George Floyd.

Come fanno sapere in una nota:

“Sulla scia del movimento statunitense per i diritti civili, Black Lives Matter, e delle azioni di protesta che si sono allargate anche in Europa e nel territorio italiano, l’organizzazione studentesca ha voluto lanciare una piazza anche nel nostro piccolo tessuto locale, con la volontà di comunicare un messaggio di protesta e di denuncia sociale verso l’uso sistemico della violenza alimentato dai corpi di polizia statunitensi, verso le strutture razziali in ogni loro forma e manifestazione e contro qualsiasi abuso di potere nei confronti di immigrati, lavoratori, braccianti, subalterni, classi povere e gli ultimi della società.

Il flash mob ha avuto inizio alle 17:30, con una partecipazione di circa 150 persone e si è articolato, in primo luogo, con interventi di vari studenti, seguiti dagli 8 minuti di silenzio in ginocchio, simbolo degli 8 minuti di soffocamento che hanno causato la morte di George Floyd.

La costruzione della piazza e l’elaborazione degli interventi erano mirati a lanciare un forte e sostanziale messaggio contenutistico sul piano sociale e culturale: non rimanere indifferenti e combattere l’appiattimento e l’inerzia, alzando la voce e lasciando un forte segno di incidenza sociale su un piano comunicativo.

La caratterizzazione della piazza e della riflessione collettiva ha contestualizzato le oppressioni e le violenze razziali tanto sul piano locale quanto su un piano sistemico e strutturale.

Il messaggio che si è voluto costruire e trasmettere aveva l’obiettivo di denunciare l’abuso di potere in tutte le sue forme: sia territorialmente, trattando il tema del caporalato e dello sfruttamento dei braccianti immigrati (prassi molto diffusa nel Vulture-Alto Bradano, nel Metapontino e nell’area del foggiano), descrivendo il fenomeno e assumendo una netta posizione di opposizione: sia in riferimento all’abuso in campio ambientale a causa dell’incapacità amministrativa delle classi politiche dirigenti, promotrici dell’economia del profitto e causa di disuguaglianze economiche tra ricchi e poveri e di devastazioni territoriali per mezzo della diffusione capillare di trivelle per le estrazioni petrolifere;

sia in riferimento ad un contesto più ampio e ad un orizzonte globale di ampio respiro, che mettesse in relazione il locale col globale, il territorio con l’intero sistema in cui si inserisce, trovando la radice e il denominatore comune dei fenomeni di abuso in tutti i contesti sociali.

“Penare globale, agire locale” e “no justice, no peace” sono i due slogan centrali della manifestazione: il primo indica l’intreccio che ci ha portato a organizzare la manifestazione e che ci ha spinto a denunciare le violenze e gli abusi, perché nonostante la distanza spaziale dagli avvenimenti statunitensi, abbiamo sentito nostro il dovere di appropriarci e di condividere la tematica, di sentircela vicina e di empatizzare le sofferenze degli emarginati e delle categorie Afro-Americane escluse dai processi sociali; il secondo evidenzia come la giustizia sociale è allacciata alla pace sociale in maniera biunivoca e l’una senza l’altra diventa sterile.

Il messaggio lanciato si pone dunque contro tutte le forme di abuso e di sfruttamento, dalle stereotipizzazioni alle violenze di genere, dall’omobitransfobia al razzismo strutturale fino alle oppressioni nei confronti di lavoratrici e lavoratori, prendendo George Floyd come punta dell’iceberg e scintilla originaria che ha determinato una riflessione complessiva su tutte le vittime delle oppressioni”.