A VENOSA GLI EREMITI DI CERRETO TRA RELIGIONE, OSPITALITÀ E CONTEMPLAZIONE: QUESTA LA LORO STORIA

Antica è la storia della comunità monastica degli Eremiti di Cerreto, facenti parte della Città oraziana da ormai moltissimi anni.

A darci un’idea di cosa sia questo antico gruppo di religiosi, è la rivista “Famiglia Cristiana”, avendo avuto esperienza diretta con il Monastero venosino.

Ecco la testimonianza:

“Chi arriva da noi ha sete di vita, di Dio ed è alla ricerca di senso e prima di tutto ci chiede di sperimentare un’esistenza che non sia segnata dalla fretta, dall’utile, dal tornaconto, dalla logica mercantile propria della società moderna.

Nel monastero le persone riscoprono la gratuità e una qualità della vita, che riacquista pienezza grazie alla necessità di scandire il tempo, attraverso il lavoro, la preghiera, la ricerca di Dio e di se stessi”.

Va subito al cuore del discorso padre Cesare Locatelli, priore della comunità monastica degli Eremiti di Cerreto, accogliendoci al nostro arrivo a Venosa, in provincia di Potenza.

Nella quiete della collina di Montalbo e nel verde tipico della Basilicata, incontriamo questa giovane comunità monastica nata nel 1991 a Isernia, nella zona di Cerreto Colli al Volturno, e poi trasferitasi in Basilicata, a Venosa, 12 anni fa, mantenendo, come è avvenuto per altri e più noti ordini monastici, il nome che deriva dal luogo di nascita della comunità.

Dal punto di vista canonico, la comunità è una associazione pubblica di fedeli e chierici che ha ottenuto il riconoscimento diocesano nel 1996.

L’iniziatore della comunità è lo stesso padre Cesare, originario di Milano, cui si sono poi aggiunti gli altri membri: padre Antonio Leva, fra Antonio Grassotto e sorella Adele D’Errico.

“La nostra però non è una comunità mista”, chiarisce padre Cesare: “Al momento è più sviluppato il ramo maschile e dunque per cause di forza maggiore ospitiamo una nostra sorella, ma auspichiamo la crescita dell’ordine, con un priore e una priora, maestro e maestra delle novizie”.

La rivista analizza anche gli aspetti della vocazione monastica e dell’ospitalità:

“I monaci ci aprono le porte e ci accompagnano nella visita dell’eremo, mentre padre Cesare ci parla della loro spiritualità.

“Siamo convinti che il monachesimo possa ancora offrire una dimensione bella, uno spazio sacro dove la persona possa ritrovare stabilità nel vortice del mondo e attraverso familiarità, amicizia ed esperienza della comunità possa fiorire per ciò che è, ognuno nella propria vocazione di monaco, madre, padre, sposi.

La nostra regola si inserisce nella tradizione monastica d’Occidente e si basa su preghiera e lavoro.

Il nostro sentimento religioso si identifica nello specifico con un personaggio chiave, san Pietro Celestino o Pietro da Morrone”, che nel 1294 fu Papa per pochi mesi con il nome di Celestino V e che, destando all’epoca grande clamore, rinunciò al pontificato per tornare alla vita da eremita.

“Il nostro obiettivo”, chiarisce padre Cesare, “è riportare nella Chiesa quella freschezza e quella lucentezza delle origini, rispolverando anche qualche tradizione accantonata, come l’uso del gregoriano in alcune celebrazioni”.

La piccola comunità ha sede in una struttura ultramoderna, Casa Sancta Maria, nata alla fine degli anni Novanta con i fondi del Giubileo come centro polivalente e di aggregazione giovanile per volere di don Luca Garripoli, e poi trasformata in casa monastica con gli ambienti tipici di ogni monastero: la sala del capitolo, la biblioteca, il refettorio, la cappella per la celebrazione della Messa, gli spazi dedicati al dialogo e all’ascolto degli ospiti.

Gli eremiti di Cerreto vivono qui dal 2006, conducendo un’esistenza semplice, aperta all’accoglienza del pellegrino e del forestiero.

È sempre possibile fermarsi in Casa Sancta Maria per un periodo di ritiro, silenzio, meditazione o riposo; le attività dei monaci includono giornate o settimane a tema, con partecipazione residenziale e non.

Dice padre Locatelli: “Condividiamo tutta la nostra vita e i nostri spazi con gli ospiti.

Abbiamo accolto anche non credenti e non cristiani per i quali il momento della preghiera era semplicemente silenzio e interiorità e per loro abbiamo preparato riflessioni con un diverso linguaggio.

Partiamo dalle nostre competenze: padre Antonio propone settimane sulle Sacre Scritture, sulla conoscenza della Bibbia e sulla musica; io, invece, su aspetti più gnoseologici, introspettivi e filosofici”.

Inoltre gli eremiti svolgono attività di supporto in alcune parrocchie dei paesi vicini, nella diocesi di appartenenza di Melfi–Rapolla–Venosa.

L’eremo di Cerreto è sempre più proiettato verso la completa autosufficienza sostenuta dall’orto e da coltivazione di erbe aromatiche; i monaci per il prossimo futuro sono intenzionati, poi, a realizzare le attività tipiche di un monastero con la produzione di erbe medicinali, lenitive e curative.

Attualmente, i pellegrini che giungono all’eremo possono partecipare a laboratori di potatura degli alberi e di confezionamento della lavanda.

Sono molteplici le proposte degli eremiti: si va dalle giornate di Boscomonte, ovvero riflessioni sullo svolgere del tempo annuale in corrispondenza con i momenti topici dell’anno come il cambio delle stagioni e i solstizi, per riscoprire il legame con ciò che di più autenticamente umano caratterizza la fede, alla Lectio divina settimanale, ai sentieri biblici, fino ad arrivare ai dialoghi con il silenzio per fare esperienza della solitudine e della spiritualità nella natura di Montalbo, e alla contemplazione”.

Non solo un luogo di preghiera, dunque, ma un’oasi di contemplazione e riflessione, nel rispetto di ogni singola personalità.